affitti tempi duri

Tempi duri per le locazioni in nero. Ormai è definitivamente accertato che qualsiasi pattuizione diretta ad imporre un canone superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato è colpita da nullità, con la possibilità per il conduttore di richiedere la restituzione di tutte le maggiori somme versate. Lo hanno chiarito le Sezioni unite della Corte di cassazione con due distinte pronunce, la n.18213 e la n.18214, entrambe pubblicate il 17 settembre scorso (si veda il Sole 24 Ore del 18 settembre):
– una ha stabilito la nullità del patto con cui, a latere del contratto registrato con una certa misura del canone annuo, le parti si sono invece accordate per un corrispettivo maggiore;
– l’altra ha confermato la nullità assoluta della cosiddetta “locazione di fatto”, di quella cioè stipulata in forma verbale.
A questo punto dunque locatore e conduttore devono correre ai ripari: le scelte per sancire l’emersione dipendono dalla situazione di partenza . Ma tutte devono indirizzarsi verso una pattuazione in forma scritta.
Il canone extra in nero
Non è purtroppo infrequente il caso del “doppio contratto”, di cui uno solo registrato, così da sottrarre all’ imposizione fiscale parte dell’introito goduto dal locatore.
I giudici supremi hanno ritenuto pienamente valido il contratto registrato che prevede il canone di locazione fittizio e invece nullo – e quindi improduttivo di effetti sin dal momento della sua sottoscrizione – il secondo, nella parte in cui è stato previsto un canone annuo maggiore rispetto al primo, a nulla rilevando la sua successiva registrazione.
La comminata nullità, hanno precisato le Sezioni unite della Suprema Corte, deriva non già dalla mancata registrazione del secondo contratto, bensì dalla illegittima sostituzione di un canone con un altro, attraverso la previsione in tale secondo contratto di una clausola palesemente contraria al primario divieto imposto al locatore dall’articolo 13 della legge 431/98 di pretendere un maggiore importo da occultare al fisco.
La restituzione dei canoni
A questo punto scatta l’azione da parte del conduttore con la richiesta di restituzione delle maggiori somme versate rispetto al minor canone fittiziamente previsto nel contratto registrato.
Questa azione può essere esperita in qualsiasi momento di durata del rapporto di locazione e comunque entro sei mesi successivi all’effettivo rilascio dell’immobile locato, potendo in tal modo recuperare tutto quanto indebitamente da lui corrisposto senza limiti di prescrizione (Corte di cassazione, sentenza 7 febbraio 2014, n. 2829).
Lo scopo della norma (articolo 13 della legge 431/98) è proprio quello di consentire al conduttore di vedersi restituito l’importo versato in più, senza però temere possibili ritorsioni da parte del locatore, che si tradurrebbero senza dubbio nel mancato rinnovo del contratto alla sua legale scadenza.
L’assenza di contratto
Ci sono poi le cosiddette “locazioni di fatto”, quelle cioè che il locatore chiede di porre in essere senza alcun contratto scritto e che si identificano come un segnale dell’indebita compressione della posizione del conduttore (nell’articolo 13, comma 5 della legge n. 431/98).
Per le locazioni verbali (o parzialmente registrate) era prima data possibilità al conduttore di «portarle in chiaro» attraverso una autoregistrazione del contratto (pur verbale) che obbligava il locatore a sottostare ad una durata quadriennale del rapporto verso un canone annuo davvero minimo, pari a tre volte la rendita catastale del bene locato (Dlgs n. 23/11, meglio conosciuto come decreto sul fisco municipale, articolo 3, commi 8 e 9).
Con l’intervento della Corte costituzionale, che con le sentenze n. 50/2014 e n. 169/15 ha dichiarato incostituzionale questo coatto ravvedimento, l’inquilino non solo non è più il guardiano della regolarità fiscale dei contratti, ma si vede ora esposto a possibili reazioni da parte del proprio locatore in quanto l’inefficacia della norma che lo aveva autorizzato a ridurre i canoni illegittimamente pretesi retroagisce al momento in cui la norma stessa è entrata in vigore (il 17 aprile 2011).
Pertanto le situazioni che potrebbero verificarsi sono di due tipi:
– se il contratto di locazione era stato registrato per un canone inferiore a quello reale e l’inquilino l’aveva poi registrato con il canone ridotto, resta in vita il contratto inizialmente registrato dalle parti, ed è su questo importo che andranno fatti i conguagli, a nulla rilevando eventuali pattuizioni “collaterali” in nero, come si è detto;
– se invece la locazione era all’inizio sorta in modo verbale, il conduttore deve subito ricorrere al giudice, richiamando il combinato disposto degli articoli 1 e 13, comma 5, della legge 431/98, per fare accertare l’esistenza del contratto e per ricondurlo agli schemi previsti dalla legge, soprattutto in tema di durata e di misura del canone.

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